Il taglio del bosco dello scrittore e partigiano Carlo Cassola (1917-1987) è un racconto lungo che entra nel cuore come una spina ferendoci e facendoci riflettere su quanto può essere amara la vita.
Il narratore (onnisciente) ci fa seguire le vicende di Guglielmo, un boscaiolo di trentotto anni, che all’inizio della storia troviamo presso la bottega di sua zia, di ritorno da una giornata passata fuori dal suo paese per acquistare un taglio, una parte di bosco sull’Appennino toscano da abbattere e da cui ricavare un guadagno. Da subito il ritmo è affaticato e lento, induce alla riflessione e trasmette al lettore il peso che grava sul protagonista che ha perso la moglie da poco e vive una depressione. Ci accorgiamo come questo uomo, vedovo e padre, cerchi di portare avanti la sua esistenza senza far gravare sulle figlie e sulla sorella, che si occupa di loro, il suo stato d’animo. L’incomunicabilità è la barriera che separa Guglielmo dal resto della famiglia, non riesce a manifestare il suo dolore e l’unico modo che conosce per non sentirlo è lavorare.
Guglielmo non aspetta altro che iniziare il lavoro del taglio che metterà in atto con altri quattro boscaioli. Il libro non parla solo di lavori d’altri tempi, come quello del boscaiolo, del carbonaio e del minatore, forse ormai estinti, che consumavano le persone e in un certo qual senso le forgiava, ma parla anche di uomini d’altri tempi, usurati dalla fatica delle loro professioni e delle loro vite.
La vicenda infatti è ambientata negli anni Trenta, agli albori della Secondo Guerra Mondiale, e ci presenta una storia prettamente maschile. Guglielmo si ritroverà a tagliare il suo spicchio di bosco con altri quattro uomini, ognuno con una propria storia, speranze, dolori ed esperienze. Tra loro Guglielmo non è l’unico ad essere padre, anche il burbero Fiore lo è, e ha perso suo figlio due anni prima; Francesco invece è l’anima solitaria che ha girato per lavoro in lungo e in largo e che ama intrattenere i suoi compagni con novelle e storie davanti a un fuoco acceso; c’è anche Germano, giovane ventenne polemico, con davanti molte scelte ancora da compiere e infine Amedeo, coetaneo di Guglielmo e suo primo cugino, un uomo senza particolari attitudini e caratteristiche.
L’atmosfera che ci fa vivere Cassola durante questi duri mesi di lavoro invernale in isolamento sull’Appennino toscano è surreale, meditativa, fatta di silenzi che echeggiano in un bosco che assorbe le anime di chi lo vive, sembra che i boscaioli siano in perfetta sintonia con la natura nonostante questa li metta particolarmente alla prova, non mancano infatti piogge torrenziali e gelide nevicate. In questi mesi invernali di lavoro le giornate scorrono nella fatica, nella privazione, nell’avversità portate dal maltempo e la sera il ritrovo, dopo una cena frugale, è nell’intimità del chiarore del fuoco acceso per corroborarsi e scaldarsi. Non aspettatevi una narrazione alla I segreti di Brokeback Mountain, nulla di tutto ciò, la scena di svestizione collettiva dovuta agli indumenti fradici d’acqua non è per niente allusiva. Questi cinque condividono molto, ma senza dirselo, la loro intimità sta nelle serate in cui si osserva il silenzio al calore del fuoco senza scambiare una parola. In questi momenti nel capanno i tempi si dilatano, nei momenti in cui cessa il duro lavoro e le membra sono stanche, la noia e le riflessioni personali invadono gli animi e per ammazzare il tempo si fuma e si gioca a carte. Con l’assenza del lavoro il dramma di Guglielmo, riemerge ed è muto, sofferto nel profondo dell’anima, un dolore che sembra non potersi manifestare anche per il codice di comportamento maschile dell’epoca: un uomo, padre di famiglia, nonostante tutto deve farcela, non può cedere, non può mostrarsi fragile, perchè ha delle responsabilità ed è la colonna portante della famiglia. Guglielmo non riesce ad affrontare la sua sofferenza e nell’ultimo capitolo ritroviamo il protagonista, di ritorno dopo mesi dal taglio, nella bottega della zia, come se Cassola volesse farci capire, con questa chiusura circolare del racconto, che Guglielmo ha cercato un diversivo, il lavoro, ma non ha risolto nulla di quella che è la sua situazione esistenziale, è intrappolato nel suo dolore e non riesce a disfarsene, torna sempre lì, sul suo malessere.
Il libro vi renderà compartecipi delle difficili esistenze di questi uomini di una generazione ormai perduta, vi consiglio la lettura di quest’opera immersiva e meditativa se volete toccare le profondità della vostra anima soffrendo con Guglielmo e con i suoi compagni di vita.