Il centravanti è stato assassinato verso sera è il quattordicesimo libro (su ventidue) della serie incentrata sull’investigatore privato Pepe Carvalho, personaggio nato dalla penna dello scrittore catalano Manuel Vázquez Montalbán. E’ naturale che questo nome vi ricordi quello del commissario Montalbano, la somiglianza non è casuale, i due scrittori erano amici e Camilleri, per stima nei confronti del suo collega, ha deciso di omaggiarlo chiamando il protagonista dei suoi gialli Montalbano. I due investigatori hanno tratti comuni come l’amore per la buona cucina, inoltre Camilleri non manca mai di inserire qualche frecciatina al sistema politico italiano, esattamente come Montalbán analizza in modo critico la situazione politica della Spagna. I due personaggi hanno così un sottile legame e se per Montalbano ho profuso parole in una passata recensione, non posso esimermi anche nel caso di Carvalho, un investigatore decisamente più noir, con sfumature molto meno affascinanti di quelle del suo collega siciliano. Carvalho è un investigatore privato squattrinato, che brucia i libri della biblioteca per scaldare la sua casa situata nel quartiere di Vallvidrera di Barcellona. Nonostante le ristrettezze economiche si concede grandi bottiglie per soddisfare il suo palato raffinato e gli piace mangiare in ristoranti selezionati; ne capisce di ristorazione, vini e liquori, va da sè che è anche un grande bevitore. La parte tenebrosa di questo personaggio la si riconosce nel suo agire ed essere: si intrattiene con malavitosi per estorcergli informazioni ed è perfettamente a suo agio nel farlo, trova subito una qualche intesa con loro, come se fosse allo stesso livello, sa come rapportarcisi; inoltre il suo aspetto è severo e il suo sguardo autorevole, tanto che se diventa minaccioso, fa distogliere gli occhi. La sua famiglia è composta da debosciati: un ex franchista legionario, Bromuro, che per vivere lustra scarpe; un ex galeotto, Biscuter, che è il suo aiutante, nonché anche cuoco, e la sua fidanzata, Charo, una prostituta. Carvalho è un outsider, una persona che vive sul limitare della vita, sempre a un passo dalla malavita, ma che rimane comunque uomo di principi e valori: tutti aspetti che non possono che rendercelo simpatico.
Non avevo ancora letto nulla di Montalbán, ho scelto il quattordicesimo libro della serie, non per volontà, ma perché mi è capitato tra le mani in un mercatino dell’usato. Era da tempo che volevo leggere un romanzo con Carvalho, il prezzo era ottimo e dunque non mi sono lasciata sfuggire l’occasione. In questo episodio della serie l’investigatore riflette sulla sua vecchiaia e quella in cui si imbatte nei corpi stanchi dei suoi amici, il tempo scorre e cambia le persone, i fatti storici, nonché la stessa Barcellona, nella quale la storia è ambientata. Insieme alle vicende e riflessioni personali del protagonista ci addentriamo in una città che a breve ospiterà le Olimpiadi, quelle del 1992, i fatti sono ambientati nel 1988 e calati in una realtà storica reale. La Barcellona che ci viene presentata è malsana, fatta di criminalità e malata di aids, ma è anche una città in profonda trasformazione edilizia, dovuta dall’incalzare dell’importante evento olimpico. La trama ruota proprio intorno ai malaffari dell’edilizia e della corsa all’accaparramento di terreni da edificare; la corruzione nel settore dilaga grazie a personalità ambigue e corrotte che riescono a gettare fumo negli occhi dei barcellonesi usando l’arma del calcio e la voglia di cambiamento e crescita di una Spagna che da poco ha chiuso con la dittatura franchista. L’impressione che si ha quando si legge questo libro è che Montalbán usi il pretesto del caso da far risolvere a Carvalho per offrire al lettore uno scenario verosimile della situazione politico-economica del periodo. Non va dimenticato infatti che l’autore, morto nel 2003, è stato un giornalista e attivista politico antifranchista che ha anche fatto l’esperienza del carcere a causa delle sue idee, dunque la sua attitudine all’indagine e alla denuncia non può che manifestarsi nei suoi scritti. Il caso su cui indaga Carvalho non nasce dalla morte di qualcuno e nel corso della lettura si parla molto di tutto quello che ruota attorno a esso, ci sono lunghe digressioni che si allontanano dalla ricerca dell’indiziato che riguardano riflessioni sulla società e la politica catalana e spagnola del tempo, ci sono anche riflessioni filosofiche in soccorso delle quali arrivano grandi filosofi come Jung e ricette di piatti che scavano nel passato. Non parliamo di lunghe e noiose pagine erudite, ma momenti di lettura piacevoli che solleticano la mente. Non aspettatevi dunque una focus completo sul caso in cui la vicenda scorre veloce e ci conduce dritti al colpevole, se volete un classico giallo a lieto fine in cui il colpevole viene smascherato e il finale riporta l’equilibrio delle parti non approcciatevi a questo libro che è un vero e proprio noir in cui la Mala trionfa.
Il punto dolente del libro credo sia la scrittura, che genera qualche ostacolo, è difficile capire se è l’autore ad avere uno stile che in alcuni passaggi è poco scorrevole o se è il lavoro della traduttrice, la spagnola Hado Lyria (che si è occupata di tradurre la maggior parte delle opere con Carvalho), che rende la lettura un po’ ostica in alcuni passaggi. Ci sono periodi lunghi non molto armoniosi, costruiti con poca maestria e qualche virgola o è sfuggita oppure è stata messa erroneamente.
Non so se vi ho incuriositi, rimane il fatto che ora sta a voi decidere se lasciarvi trascinare tra i vicoli malsani della Barcellona più balorda o astenervi da letture troppo sporche.