Per questa raccolta di novelle purtroppo (o per fortuna) non si può prescindere dal consueto “spiegone” sulle origini dell’opera, eccovi serviti allora, iniziamo proprio da qui, giusto un breve cenno …
Le mille e una notte è una raccolta di novelle che affonda le radici nel passato, la sua origine è complessa, non è certo se ci sia un autore unico, più di uno oppure se questi racconti siano nati oralmente, dal basso, delle storie che la cultura popolare ha prodotto e che poi sono state trascritte. Inoltre bisogna considerare che l’origine è da cercarsi nell’India e la Persia del X secolo d.C. (nel libro infatti leggiamo del re di Persia e delle sue tradizioni), successivamente la raccolta trova forma compiuta in Egitto tra il XV e XVIII secolo d.C., questo fa capire come il contenuto sia variegato e rispecchi mondi diversi ed epoche diverse, anche se si riscontra una certa uniformità arabeggiante nel corso della lettura.
Proprio come nel Decameron di Boccaccio, editato presumibilmente tra il 1349 e il 1351, anche Le mille e una notte hanno una cornice letteraria in cui sono inserite le novelle: la principessa Scheherazade racconta al sultano delle storie per poter rimanere viva e convincerlo a smettere di trucidare le sue novelle spose. Inoltre la particolarità della struttura della raccolta è che troviamo alcuni racconti agganciati uno all’altro, in seno a un racconto se ne sviluppa un altro come se stessimo aprendo una matrioska.
Se il paragone con il Decameron è sorto naturale, ora dobbiamo però scovare una differenze, il Decameron nasce con l’intento si sollazzare, di intrattenere le donne innamorate afflitte da pene amoroso; Le mille e una notte invece sembra che voglia anche educare, oltre che intrattenere, queste storie contengono precetti religiosi e morali, per esempio incappiamo in consigli come questo: “è lodevole render bene per male”. I valori da seguire (generosità, onore, giustizia, essere bravi musulmani) sono disseminati in queste pagine e troviamo ammonimenti utili ancora oggi, che ci fanno capire quanto l’uomo sia sempre stato lo stesso, a prescindere dal tempo, dalla cultura o dalla religione. E’ esemplare Abou-Hassan, figlio di un ricco mercante, che prodigo nell’elargire banchetti e ospitalità si ritrova senza un soldo e allora “terminato che ebbe di tener corte bandita, secondo il solito gli amici sparirono”. E’ proprio vero “secondo il solito” spesso chi ti circonda è più interessato a cosa gli offri che a te, oggi come ieri, i veri amici si contano con una mano, niente è cambiato.
Le fiabe e anche il mito, prima che qualcuno si prendesse la briga di trascriverli, venivano tramandati oralmente e servivano a chi ascoltava per imparare le cose della vita, dalle più pratiche a quelle più filosofico-religiose. Molte delle storie de Le Mille e una notte sono delle vere e proprie fiabe, c’è l’elemento magico (fate, pozioni e formule), c’è un antagonista cattivo (gule cannibale, geni malvagi, visir traditori) e un protagonista che deve superare numerosi ostacoli per arrivare a una maggiore consapevolezza di sé. Inoltre è davvero curioso come si possano trovare alcuni parallelismi con il mito greco: la testa del medico Douban che parla ci fa pensare alla testa che profetizza di Orfeo; la regina Labe trasforma i suoi amanti in animali proprio come Circe trasforma i compagni di Ulisse; i geni e le maghe compiono metamorfosi come gli dei dell’Olimpo.
Una parentesi a parte bisognerebbe dedicarla alle situazioni strane che si incontrano nella lettura, come per esempio quando a un certo punto inizia una serie di storie che spiegano perché uno non ha i pollici, l’altro è zoppo e un’altro ancora guercio, oppure ci viene presentata una principessa viziosa che fa attirare da una vecchia un uomo sdentato in casa sua, lo fa vestire da donna per poi farsi rincorrere e possedere. Sono situazioni che incuriosiscono e fanno sorgere ipotesi su come si dovesse vivere all’epoca, si capisce da questa lettura come le leggi fossero severe, il sultano temuto e rispettato e la violenza più brutale ampiamente praticata. Diciamo che sono queste bizzarrie che fanno scorrere velocemente la lettura delle prime trecento pagine circa, poi però si potrebbe dire che il meccanismo si inceppa perché la ripetitività delle situazioni rende un po’ faticoso procedere con la lettura. I topos si sprecano: il giuramento che non deve essere tradito; si può assistere a un rito strano ma non chiedere spiegazioni su di esso; si scoprono botole, decine di botole, che conducono a grotte sotterranee o abitazioni; giardini e cortili segreti a migliaia. Per non parlare dei protagonisti: sultani; re; principi; gran visir; regnanti che puntualmente non riescono avere figli; figliuol prodighi di un’infinità di mercanti (tutti mercanti all’epoca, un po’ come noi oggi: tutti blogger ;-)); donne dal portamento maestoso la cui bellezza è indiscutibilmente ineguagliabile e vergini bellissime.
E che dire di queste donne, così spesso rappresentate ne Le Mille e una notte? Quelle che incontriamo nella narrazione sono molteplici, si passa dalla fedifraga e lussuriosa che odia i mariti, alla strega che prepara pozioni. C’è la donna intraprendente a cui la vita ha riservato sfortune e fortune: Zobeida, ma anche la donna-odalisca dedita all’uomo, al suo piacere, quella che canta per lui e lo intrattiene. Quest’ultima è la donna che troviamo a palazzo, chiaramente non possiamo parlare al singolare, perché le concubine sono tante: Collo di Alabastro, Bocca di Corallo, Aspetto di Luna, Splendor di Sole, Piacer degli Occhi, Delizia del Cuore, Canna di zucchero. Non potevo non citare tutti questi nomi che mi incantano e allo stesso mi fanno pensare a degli ottimi pseudonimi da escort.
Ora veniamo al personaggio per me più simpatico, quello che ho preferito e di cui ho apprezzato le avventure: Simbad il marinaio. Lui è un novello Ulisse, gli capita proprio la stessa avventura dell’eroe omerico, acceca un gigante con un solo occhio in mezzo alla testa e si salva con i compagni. Durante i suoi viaggi per mare arriva a incontrare “una moltitudine innumerevole di selvaggi schifosi, coperti per tutto il corpo di pelo rosso ed alti soltanto due piedi”, esserini che sembrano ricordare i lillipuziani di Swift. Se considerassimo solo le storie di Simbad potremmo pensare che Le mille e una notte siano adatte a un pubblico di bambini, ma attenzione, non è proprio così, alcune storie sono abbastanza truci, quindi, se volete leggere queste deliziose storielle a dei pargoli, è bene dargli un’occhiata prima, potete farvi suggestionare dal titolo presente nell’indice e dopo compiere una selezione per il vostro audience.
L’edizione che ho letto io è quella del 1934 della Edizioni Bietti (Milano), che è gratuitamente scaricabile sul sito di Liber Liber al seguente link. Questa versione italiana deriva dalla prima traduzione che è stata fatta de Le Mille e una notte, quella degli inizi del ‘700, del famigerato orientalista francese Antoine Galland che ebbe il merito di tradurre per primo queste novelle, ma anche l’eccessivo zelo di maneggiare l’originale edulcorando, aggiungendo, plasmando. Non aspettatevi un linguaggio moderno, alcuni termini sono arcaici e la prosa non è quella immediata dei giorni nostri, è una lettura che può risultare difficile all’inizio, ma proseguendo diventa stimolante e arricchente.
Ora tocca a voi decidere se lasciarvi catturare dalle preziosità dell’Oriente, dai suoi zaffiri e smeraldi, dai gioielli dorati e argentati, dalle sue perle. Queste terre lontane ricche di profumi di moscata, pepe, zenzero e ambra grigia sono lì ad aspettarvi tra le pagine di questa raccolta così magica.
P.S: quasi mi dimenticavo… non voglio darvi una delusione, ma nell’edizione che suggerisco non ci sono le storie di Alì Babà e i quaranta ladroni, che in realtà non si trovavano nel manoscritto arabo proveniente dalla Siria che tradusse Galland, è stato lui stesso ad aggiungerle dopo che gli furono narrate da un siriano incontrato a Parigi. Non so dirvi come mai in questa edizione sono state omesse. Anche Aladino è stato integrato dal nostro estroso orientalista, ma nonostante questo le sue peripezie con la lampada le potete leggere e vi aspettano per una sfregatina.
Fonti: Treccani e Liber Liber